Ai sensi della legge 4.2.1963 n. 129 il Ministero dei lavori pubblici è autorizzato a predisporre un piano regolatore generale degli acquedotti per tutto il territorio statale.

La giurisprudenza ha chiarito che la legge sopra citata non è stata abrogata dalla legge 18.5.1989 che regola l’autorità di bacino: si precisa che pur riconoscendo una sopra ordinazione del piano bacino tuttavia questo non esclude che possano continuare ad operare anche altri strumenti di programmazione purché non in contrasto (Trib. sup. acque, 25.11.1997, n. 80).

Contenuto del piano degli acquedotti:

  1. Considerazione delle esigenze idriche di tutti gli agglomerati urbani e rurali;
  2. Accertamento delle risorse idriche esistenti;
  3. Individuazione di schemi per nuove opere occorrenti o per la manutenzione e integrazione di quelle già esistenti;
  4. Individuazione di schemi per nuove opere per lo smaltimento dei rifiuti idrici.

Il piano regolatore generale degli acquedotti rientra nell’ambito amministrativo delle acque pubbliche e pertanto sottoposto alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche (Cass. Civ., sez. un., 11.11.1988, n. 6067).

Il fine principale del piano è quello di riservare le acque che il piano prevede agli scopi del piano stesso.

La giurisprudenza precisa alcuni postulati importanti in merito al vincolo previsto dal piano degli acquedotti:

  • La sottrazione alla precedente destinazione, previo indennizzo, non opera automaticamente ma ha effetto solo alla scadenza di utenze che siano state oggetto di precedente concessione (Cass. civ., sez. un., 17.7.1992, n. 8678).
  • Il vincolo totale o parziale sulle riserva idriche posto dal piano degli acquedotti non opera automaticamente sia perché ha effetto solo alla scadenza di precedenti concessioni sia perché lo stesso utilizzo del piano consegue ad un provvedimento concessorio sia pure accertativo del vincolo di destinazione (Cass. civ., sez. un., 17.12.1999, n. 906).

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